Quanto sono digitalizzate le imprese italiane? In che modo si sono messe al passo con i tempi? Utilizzano sistemi adeguati rispetto alle sfide che ci pone il mondo contemporaneo che è cambiato in fretta grazie alla rivoluzione digitale? Ecco tutte le domande che ci dobbiamo porre per capire se il tessuto imprenditoriale italiano è adeguato e pronto a cogliere le opportunità del futuro. Ecco la risposta è purtroppo negativa. Vi basti sapere che nel 2021 circa l’80% delle imprese con almeno 10 addetti è ancora a un livello d’adozione dell’ICT basso o molto basso e sono ancora troppo poche le piccole e medie imprese capaci di vendere anche online.
Il 60,8% delle imprese con almeno 10 addetti ha un livello di digitalizzazione di base e occupa il 78,1% di addetti. Il divario maggiore (oltre 30 punti percentuali) si riscontra nell’adozione di software gestionali di condivisione delle informazioni. Per tutti gli altri indicatori si registrano differenze tra i 19 punti percentuali dell’Intelligenza artificiale e i 28 punti percentuali per l’adozione di dispositivi intelligenti e l’utilizzo di almeno due social media.
La crisi sanitaria legata al contagio da Covid-19 ha rimescolato le carte in tavola. Il digitale ha rappresentato l’unico strumento per le piccole e medie imprese in grado di garantire una certa continuità di business. Durante l’emergenza, il digitale ha rappresentato una condizione necessaria per rimanere competitivi e per sopravvivere. Lo ha capito molto bene il Ministero per lo Sviluppo Economico guidato da Giancarlo Giorgetti che ha destinato 609 milioni di euro alla digitalizzazione del tessuto produttivo del Paese, che è anche una delle priorità indicate nel PNRR. Si chiama “Piano voucher per le imprese” e si tratta di un intervento per la banda ultra larga che, dopo gli incentivi in favore di famiglie e scuole, punta a raggiungere anche le imprese. Una platea che, a seconda della tipologia e dell’importo del voucher che verrà richiesto, potrà variare da un minimo di 850.000 a un massimo di 1.400.000 imprese beneficiarie.
Così le imprese potranno richiedere un solo voucher che potrà essere di diverso importo, da un minimo di 300 euro a un massimo di 2.000 euro, e di diversa durata del contratto, da un minimo di 18 mesi a un massimo di 36 mesi, per garantire un incremento della velocità di connessione, da 30 Mbit/s a oltre 1Gbit/s. Inoltre, nel caso di passaggio a connessioni a 1 Gbit/s, il valore del voucher potrà essere aumentato di un ulteriore contributo del valore massimo di 500 euro, per la copertura di parte dei costi sostenuti dalle imprese beneficiarie e giustificati dagli operatori.
Qualcuno storce il naso e ritiene che sia necessario un intervento strutturale e più massiccio per le piccole e medie imprese italiane massacrate dalla crisi legata alla pandemia.
In questo senso il Cloud Computing, che non è solo una tecnologia digitale ma un modello di business sicuro ed efficace, va a supporto delle imprese di ogni tipo.
Basti pensare che secondo dati che emergono dal rapporto Istat “Imprese e ICT”, nell’anno appena trascorso il Cloud è cresciuto in modo robusto con il 60,3% delle PMI italiane che ha raggiunto almeno un livello base di intensità digitale: sopra la media (il 56%) dei paesi UE27, ma ancora lontani dal target europeo per il 2030, fissato al 90%.
In più, anche la Pubblica Amministrazione si sta trasformando in modo significativo. E’ da sottolineare che nei piani del governo è espresso un approccio “Cloud first” cioè orientato alla migrazione dei dati e degli applicativi informatici delle singole amministrazioni verso un ambiente cloud.
La trasformazione è in atto non solo per le piccole e medie imprese ma anche per la pubblica amministrazione. Vivremo in un mondo che sarà sempre meno fatto di “carta” ma sempre più digitale e “Cloud oriented”. Solo così si accorceranno tempi e distanze di cui potranno beneficiare le aziende, i cittadini e sicuramente l’ambiente.